martedì 15 novembre 2016

"Il lupo è tornato e non fa più paura"

Sondrio, 11 novembre 2016 - Il lupo è tornato. E non fa più paura. È questo l’assunto scaturito dal tema trattato nel convegno su «Il ritorno del lupo sulle Alpi tra immaginario e realtà» alla sala Vitali del Creval nell’ambito del 30° «Sondrio Festival». Nutrita schiera di esperti al tavolo dei relatori con Nicola Falcinella, presidente del Comitato scientifico del Sondrio Festival, a fare da trait d’union tra i vari interventi. «Un approccio naturalistico-antropologico sui predatori dell’arco alpino che genera in molti una paura sovradimensionata, alimentata negli anni da pregiudizi e da una letteratura che ha fatto leva su ancestrali timori legati ad un immaginario collettivo che ha visto nel lupo il simbolo del male», ha detto Marina Cotelli, assessore alla Cultura del Comune di Sondrio. È toccato poi al ricercatore Mattia Colombo portare la sua esperienza sulle Alpi Occidentali, soffermandosi sulle caratteristiche essenziali del lupo appenninico che si è spinto a nord seguendo una sua marcata territorialità. Un predatore che vive in branco, il lupo, ma che negli ultimi anni sta vivendo una forte dispersione spostandosi dal Piemonte al Trentino, ma anche scegliendo come luogo d’elezione la Valtellina.
«Bisogna premettere che il lupo non è stato reintrodotto nelle Alpi, ma ci è arrivato da solo dopo un lungo cammino», ha esordito Luca Pedrotti, biologo della provincia di Trento che ha parlato della ricolonizzazione del lupo nelle Alpi, raccontando l’idillio tra il lupo croato Slavc e la femmina dei monti Lessini, Giulietta, che hanno prolificato spostandosi a lungo, come «MSO1», il lupo identificato in Val Belviso e in Alta Valle. Il naturalista Zibordi dell’istituto Oicos si è soffermato sul rapporto tra l’uomo e il lupo in Trentino alla ricerca di una pacifica coesistenza tra i predatori di montagna e l’uomo. Presenti anche Giuseppe Festa, autore di «La Luna è dei lupi» e Alessandro Abba Legnazzi, regista di «Storie di uomini e di lupi» che ha parlato proprio delle difficoltà a gestire questa difficile interazione. Chiarificatore l’intervento di Elisabetta Maria Rossi, funzionaria Dg Ambiente della Regione Lombardia su come preparare la popolazione al ritorno del lupo che ha detto: «Stiamo lavorando da tempo su questo tema con gli allevatori provinciali, avviando una fitta rete di relazioni tra diversi soggetti per la prevenzione di attacchi agli armenti tramite reti elettrificate o con “cani da protezione”, strategie che per il momento non riguardano la Valtellina dove la presenza del lupo è solo sporadica».


lunedì 14 novembre 2016

Un vicentino ritrova Crazy sano e salvo

da L’Arena 13.11.2016 

Crazy è a casa, sano e salvo. Il Pastore australiano di due anni che si era perso domenica 30 ottobre sul massiccio del Carega, vicino al rifugio “Scalorbi”,  è stato recuperato ieri mattina dal vicentino Stefano Benedetti, 33 anni. Il cucciolo ha riabbracciato il suo padrone Roberto Bertassello, originario del Veronese, un po' ammaccato e con 8 chili in meno. «Sapevo che non poteva essersi allontanato molto dal luogo in cui si era perso -commenta felice Benedetti-. Di solito, i camosci tendono a portare i predatori in luoghi impervi e ipotizzavo che Crazy si fosse trovato in difficoltà poco lontano dal rifugio». E l'ipotesi si è rivelata corretta. «Anche domenica scorsa, con la pioggia e una visibilità di circa 20 metri ero sul Carega a cercare Crazy -racconta Benedetti, che prosegue la narrazione di quanto accaduto ieri-. Mi sono concentrato nelle zone vicino alla grotta dove erano stato lasciato del cibo per il cane e la sua brandina. Ho guardato in una serie di vai poco distanti da quella grotta nel comprensorio del Vajo di Pelegatta e ho avuto la fortuna di vederlo. L'ho chiamato e mi ha risposto con due abbai secchi, poi più nulla. Non potevo lasciarlo lì. Era sotto di me di circa 100 metri, ma il fondo era composto di sassi e c'era il rischio che gli rotolassero addosso a causa della mia discesa. Ci ho messo circa 40 minuti. Arrivato da lui, gli ho dato tutto quello che avevo da mangiare, mandarini compresi. Poi, mi sono accorto di non avere corda. Ho agito di impulso, legando il cordino per regolare lo zaino alla pettorina che fortunatamente aveva ancora addosso. La risalita aveva un paio di punti pericolosi, li abbiamo affrontati insieme e l'ho dovuto spronare. Quando siamo arrivati allo “Scalorbi” e l'ho visto correre verso il suo padrone, è stato un momento bellissimo». E ora le spetta la ricompensa. «Ho già detto al padrone che non voglio alcuna ricompensa, ma vorrei indietro il cordino del mio zaino», conclude sorridendo Benedetti. 


Lessinia, manomessi recinti anti-lupo e intimidazioni

da L’Arena 10.11.2016

La Regione Veneto ha presentato denuncia contro ignoti alla stazione dei carabinieri di Sant’Anna di Alfaedo per gli atti vandalici avvenuti in Lessinia contro alcune recinzioni installate nell’ambito del progetto WolfAlps, a salvaguardia delle greggi e mandrie da eventuali attacchi dei lupi . La notte scorsa gli allevatori hanno trovato manomesse e divelte le recinzioni elettrificate installate in località Roncari di Campofontana, comune di Selva di Progno e in località Campostrini, in comune di Sant'Anna di Alfaedo.

Sono stati inoltre appesi cartelli intimidatori per scoraggiare gli allevatori dall’aderire al progetto, finanziato dal programma comunitario Life-Wolfalps. “Abbiamo deciso di sporgere denuncia all’autorità locale di sicurezza – dichiara l’assessore all’Agricoltura Giuseppe Pan – per tutelare gli allevatori, il lavoro dei nostri tecnici e l’investimento economico sostenuto da Regione e Unione europea. Ricordo che da agosto ad oggi sono stati realizzati dieci recinti, per circa 30 chilometri lineari di filo elettrificato, con la posa di 3500 paletti in fibra di vetro e 105 pali di legno: con 450 ore di lavoro e 34 mila euro di spesa sono stati messi in protezione circa 25 ettari di pascolo. Altri 5 recinzioni sono in fase di realizzazione. Il budget complessivo del progetto, che proseguirà fino al 2018, è di 560 mila euro, di cui 430 mila finanziati dall’Unione europea e 130 mila di cofinanziamento regionale. Si tratta di un investimento utile, di minimo impatto ambientale e visivo, che ha consentito sinora, nelle aree interessate, di evitare qualunque attacco predatorio da parte del branco dei lupi che stanzia sull’altopiano veronese”.

“Abbiamo inoltre chiesto alle autorità locale di sicurezza e al personale del parco reginale della Lessinia di intensificare la vigilanza – conclude Pan – perché non intendiamo consentire che atti vandalici e gesti di intimidazione abbiano a vanificare una strategia di prevenzione e contenimento del rischio che si sta dimostrando efficace, economicamente sostenibile e rispettosa dell’equilibrio dell’ecosistema e degli interessi degli allevatori”.

mercoledì 9 novembre 2016

"Tempo di Lupi" a Sondriofestival

La mostra itinerante “Tempo di lupi” fa tappa a Sondrio Festival, la mostra internazionale dei documentari sui parchi che si tiene a Sondrio dal 7 al 13 novembre 2016. Quest’anno uno dei temi della manifestazione sarà proprio il lupo: la mostra sarà visitabile dal 7 al 30 novembre 2016 presso Palazzo Pretorio Piazza Campello, 1 a Sondrio. “Tempo di lupi” è occasione per “avvicinare” il visitatore al lupo attraverso la comprensione delle diverse opinioni che l’uomo ha e ha avuto della specie.
Nell’ambito del festival l’11 novembre 2016 alle ore 9:00 si terrà presso la sala Vitali della Banca di Credito Valtellinese a Sondrio l’incontro “Il ritorno del lupo tra immaginario e realtà”, occasione per incontrare chi lavora per la conservazione e la gestione del lupo sulle Alpi e confrontarsi sul tema del ritorno di questo predatore sulle nostre montagne, tra l’immaginario legato a questa specie e la realtà legata alla conservazione, gestione e comunicazione del lupo.


RENDEZ-VOUS 2200

Un gruppo di attori e autori teatrali si sono immersi nella controversa tematica del ritorno naturale del lupo sulle Alpi, collaborando con ricercatori ed esperti del progetto LIFE WOLFALPS e dei suoi supporter per giungere all’allestimento e alla produzione di uno spettacolo che persegua gli obiettivi di informazione e comunicazione che il progetto si propone, lavorando sui binomi dialettici natura/cultura e umano/animale.

Il testo teatrale attinge tanto a testi letterari, filosofici, scientifici e divulgativi di autori italiani e stranieri, quanto a incontri in prima persona con chi vive giorno per giorno gli effetti del ritorno del lupo sulle Alpi: allevatori, cacciatori, guardaparco, agenti forestali, privati cittadini delle aree rurali.

Il risultato è uno spettacolo coinvolgente, adatto a tutti e volto alla creazione di un dibattito rispetto rapporto uomo/ambiente nella sua totalità, con particolare riferimento alla figura del lupo come animale emblematico del rapporto secolare, contrastato e ambivalente tra l’essere umano e la natura selvaggia.

Il progetto ha preso avvio da un’idea del MUSE – Museo delle Scienze di Trento , in sinergia con il Centro Servizi Culturali Santa Chiara, per la realizzazione esecutiva e artistica di TrentoSpettacoli. Lo spettacolo debutta al Teatro Cuminetti di Trento venerdì 25 novembre 2016 nell’ambito della stagione teatrale del Centro Servizi Culturali Santa Chiara, per poi replicare in alcuni dei territori interessati dal ritorno naturale del lupo sulle Alpi.


L’appuntamento con il debutto è per

Venerdì 25 novembre 2016 ore 21:00

Teatro Cuminetti, Via Santa Croce 67, Trento

Ingresso gratuito. Voucher ritirabili presso la biglietteria del Teatro dal 22 novembre



giovedì 3 novembre 2016

Smarriti due pastori australiani sul massiccio del carega

Pubblicato su Facebook il 31.10.2016

Ieri mattina attorno alle 11 sul massiccio del carega si sono allontanati da me inseguendo un camoscio giù per una scarpata, nella zona appena sopra il rifugio Scalorbi. Sono due pastori australiani di 3 e 2 anni che rispondono ai nomi di Shadow (il Rosso) e Crazy (il merle); hanno entrambi una pettorina mimetica con la scritta "julius k9". Sono due giorni che li sto cercando in lungo ed in largo per tutti i versanti: sia quello vicentino, nei pressi del rifugio Cesare Battisti, sia in quello veronese, nei pressi dei rifugi Scalorbi, Fraccaroli e Passo Pertica. Ieri sera dalle 8 a alle 24 circa li hanno sentiti abbaiare ed ululare nel versante vicentino. Stamattina l'ho battuto in lungo ed in largo dal sentiero de "l'omo e la dona" fino su al sentiero alpino 114 il Pelegatta. Li sentivo abbaiare ed ululare, penso fossero bloccati in qualche punto. Scendendo nuovamente il sentiero 113 attorno a mezzogiorno una signora mi ha detto che li aveva visti nel versante veronese, ne era sicura perché le ho mostrato le foto. Sono riusciti a risalire la cresta, li ha visti in zona del rifugio Fraccaroli, stanno bene ma sono spaesati. Non ho fatto in tempo ad arrivare sul versante veronese perché è sceso il buio e la nebbia. Ho saputo ora che qualcuno sta festeggiando hallowen su al Fraccaroli; per favore se li trovate contattatemi al numero 3408031809. Domani mattina all'alba sarò di nuovo su... comunque se qualcuno li vedesse, anche nei prossimi giorni, chiami me o i ragazzi dei rifugi Pertica o Battisti. Sono socievoli con le persone ma il rosso è abbastanza diffidente con chi non conosce.



Il lupo «in agguato» in Lessinia catturato da un fotografo

da Corriere di Verona 3.11.2016

Il lupo come non l’avete mai visto. Eccolo mentre si erge sul pendio e osserva un paio di mucche a qualche metro di lontananza. Erano anni che si attendeva una foto «da vicino» del branco di Slavc e Giulietta, dopo quelle, ormai celeberrime, scattate dalla forestale nell’estate del 2014, con i cuccioli appena nati e che girovagavano tra i pascoli della Lessinia. Lo scatto è di un giovane fotografo veronese, Claudio Dusi, ed è stato pubblicato nel gruppo Facebook «Caccia fotografica in Lessinia». Con tutta probabilità si tratta di un esemplare ormai adulto di una delle prime cucciolate di Slavc e Giulietta, fotografato non lontano dall’aerale storico del branco, ossia vicino alla foresta dei Folignani. Per «beccare» l’animale in quella posa è stato necessario un lungo appostamento. Ma non è l’unico posto dove il lupo si è fatto trovare dagli obiettivi degli appassionati. Un’altra sequenza, che raffigura il predatore «colto alle spalle» è firmata da Antongiulio Salzani: le foto caso sono state scattate il 20 ottobre. Siamo sui pendii del Carega, ma a quote piuttosto basse , una prova dello spostamento a Est di alcuni esemplari del branco. Entrambi gli animali sono contraddistinti da un pelo relativamente chiaro, una prova, secondo gli esperti della loro origine «orientale».


mercoledì 2 novembre 2016

Incontro pubblico sul lupo a Mantova

La Sezione CAI di Mantova organizza la serata

“Incontro ravvicinato con il lupo”

Milena Merlo Pich, docente e naturalista, Operatrice Naturalistica del Comitato Scientifico del CAI, componente del Comitato Scientifico dell’Emilia Romagna, racconterà di alcuni
aspetti non conosciuti del Lupo Appenninico.

L’incontro si terrà

VENERDÌ 25 NOVEMBRE alle ORE 21.00

SALA ORATORIO DEL GRADARO
VIA GRADARO, 45 – MANTOVA


Il Pastore della Lessinia e Lagorai in lista d’attesa Diventerà cane di razza

È partita la trafila burocratica per il riconoscimento della razza di cane Pastore della Lessinia e Lagorai. Al raduno di Erbezzo, voluto da un gruppo di giovani guidati da Veronica Isalberti, possessori o appassionati di questi cani che si incontrano nelle malghe e nelle contrade della Lessinia, ma che non hanno avuto finora un proprio riconoscimento ufficiale, è stata una sorpresa per gli stessi organizzatori che hanno visto la partecipazione di diverse persone accompagnate dall’amico a quattro zampe, pensato come conduttore di bestiame ma che ormai è entrato anche nelle case e negli appartamenti di città.
Alessio Nisticò è vicepresidente del Club italiano Cane delle Alpi Apuane, che sta seguendo lo stesso iter di riconoscimento ufficiale del Pastore della Lessinia e Lagorai e si sta impegnando per avviare le stesse procedure per questa razza. Spiega i fondamenti biologici e storici che guidano la ricerca e l’iter per il riconoscimento: «L’Italia vanta la cultura pastorale più antica d'Europa, originatasi dalle grandi migrazioni delle popolazioni di pastori nomadi e già in epoca neolitica i cani venivano utilizzati principalmente per la guardia degli insediamenti umani e degli armenti; successivamente si selezionarono cani idonei a condurre il bestiame, mettendo a frutto il loro naturale istinto predatorio. Tra questi cani il Pastore delle Alpi può essere considerato il progenitore di tutte le razze di cani conduttori attualmente presenti; abbiamo prove della sua presenza attraverso i graffiti rupestri della Val Camonica risalenti a quasi tremila anni fa», spiega.
Ma diversamente da quanto avvenuto in altri Paesi Europei, in cui sono stati formalizzati gli standard ufficiali delle diverse razze di cani da noi non c'è stata sinora una particolare attenzione per la valorizzazione delle razze autoctone.
Attualmente è ufficialmente riconosciuto solo il Pastore bergamasco e sono stati recentemente attivati progetti finalizzati al riconoscimento del Cane di Oropa (sulle Alpi Biellesi) e del Cane delle Alpi Apuane (nel comprensorio della Liguria e dell'alta Toscana).
Anche nel Triveneto è da sempre presente lo stesso tipo di cane, in particolare nei comprensori montani della Lessinia e del Lagorai, catena montuosa che separa la Val di Fiemme dalla Valsugana e dove ha saputo raggiungere un'omogeneità di tipo significativa. È di taglia media, per essere agile e veloce a condurre greggi e mandrie, nel radunare i capi dispersi, ha un buon istinto predatorio, ma non eccessivo, per non far danni con i propri morsi ai capi domestici.
«Si tratta di un cane mesomorfo, che ha cioè struttura regolare, né tozza né slanciata, di taglia media e aspetto tipicamente lupoide, con il mantello prevalentemente di colore merle», aggiunge Nisticò. Il merle è un gene che determina, tra le tante cose, una combinazione di colori nel manto dei cani, con macchie bianche su fondo grigio o blu e occhi nocciola o azzurri a volte anche uno diverso dall’altro.
È un animale eccellente da lavoro, capace di condurre ovini e bovini, con un temperamento vivace che lo rende anche un ottimo cane da compagnia per chi ama le escursioni e le attività sportive. «Potremmo considerarlo il Border Collie italiano, se non fosse in realtà che l’origine del Pastore della Lessinia è molto più antica», precisa Nisticò.
In occasione del primo raduno del Pastore della Lessinia e del Lagorai si sono gettate le basi del progetto di riconoscimento, attraverso la raccolta di adesioni all'associazione senza fini di lucro che si fa promotrice dell'istanza all'Ente nazionale della cinofilia italiana (Enci) per il riconoscimento come razza.
I prossimi passi del progetto prevedono il censimento della popolazione canina di riferimento, i rilievi cinometrici (le misurazioni di un certo numero di animali che definiranno i parametri medi) e le ricerche di materiale storico che documentino le caratteristiche distintive della razza dal punto di vista morfologico e attitudinale.
La futura razza ha già una sua pagina Facebook di riferimento (Il pastore della Lessinia e Lagorai) a cui possono rivolgersi gli interessati e gli appassionati.


mercoledì 26 ottobre 2016

Notte sulle tracce dei lupi della Lessinia

da L’Arena 23.10.2016 

La notte è senza suoni né vento, fredda. Il lupo è da qualche parte, nei «vaj» che incidono la Lessinia centrale. È una presenza invisibile, lo sanno gli animali che cercano di fuggirlo e gli uomini che lo stanno aspettando, per carpirgli altri segreti, altre immagini. Lui, l’emblema di ogni paura atavica, ritornato nel 2012 sull’altopiano da cui era stato cancellato a colpi di fucile nella prima metà dell’Ottocento, si è ripreso il ruolo di predatore protagonista. Amato come testimone di un ambiente in pieno rigoglio di salute. E odiato, per le predazioni sul bestiame in alpeggio. Inconsapevole portatore di discordie. Silenzioso, invisibile, presente.
APPOSTATI. L’erba è coperta di brina, il cielo è ancora acceso di stelle. Una linea d’alberi nasconde cinque uomini, silenziosi, accovacciati dietro i cavalletti con teleobiettivo e cannocchiali. Fa freddo, non c’è ancora luce ma si intuisce l’aurora. Il lupo potrebbe farsi vedere, oppure no, anche se proprio qui, in questo angolo di Lessinia, passa una delle sue piste più consuete. Uno dei «corridoi» della sua abitazione di 200 chilometri quadrati (in gergo scientifico «home range»). «Alla fine serve sempre il “fattore C“...», scherzavano una mezz’ora prima davanti a un caffè Fulvio Valbusa, vicecomandante della stazione del Corpo Forestale dello Stato di Boscochiesanuova e Paolo Parricelli, guardia del Parco Naturale Regionale della Lessinia. Nel gruppo ci sono anche Emanuele Iannone, il comandante della Forestale lessinica e Simone Tiso, giovane tirocinante per la laurea magistrale a Padova in Scienze della Natura.
I contorni dell’altopiano emergono nella prima luce grigia. I minuti rallentano, il freddo punge di più. Lontano pascola un cervo. Più sotto si sente l’abbaio (scrocchio) di alcuni caprioli, forse spaventati da qualcosa. Scambio di cenni e sguardi ma, mentre l’alba avanza decisa, nulla si muove. I cannocchiali passano al pettine crinali e radure, volano i primi uccelli. L’altopiano prende il colore dell’oro quando il sole supera la linea di nuvole della pianura e il velo di brina svapora. Ma di «lui» non c’è segno. Anche caprioli e cervo si ritirano al coperto nei boschi. Un piccolo «codirosso» si posa su un arbusto e osserva lo strano gruppo: sarà lui l’unica «preda» dell’alba di veglia. Resta ancora poco da attendere, il lupo sa che la luce del giorno appartiene agli uomini, gli unici esseri che il suo istinto identifica come pericolo. E vale anche per quelli che lo hanno aspettato nel buio e che ora smontano obiettivi e cavalletti per andare alla ricerca di una bevanda calda. «Questo è un aspetto del monitoraggio... ti apposti per giorni, calcoli le probabilità ma “lui“ non sarà mai prevedibile, lo vedrai quando e dove meno te lo aspetti», sdrammatizzano Valbusa e Parricelli.
DI LUPI E PASCOLI. Caffè bollente al bar per cacciare il freddo dalle ossa. Si commenta la fine dell’alpeggio, con gli allevatori impegnati a radunare gli ultimi capi «ribelli» sparsi da un angolo all’altro dell’altopiano. E si finisce per riparlare di lupi ma anche di cacciatori «che sono contrari alla sua presenza» perché sottrarrebbe loro cervi, cinghiali e caprioli. «Molti non capiscono ancora come la tanto declamata biodiversità includa tutte le specie. Certo il lupo va “gestito“ al meglio ma, personalmente, lo preferirò sempre a un bracconiere», commenta Nereo Baltieri, presidente dell’Apeav (l’Associazione provinciale esperti accompagnatori della provincia di Verona, che guida nell’attività venatoria di selezione ). «In realtà», interviene Valbusa, «se gli ungulati in Lessinia sono ormai moltissimi è perché il bosco sta avanzando e ciò accade anche per una ridotta “coltivazione“ e rotazione dei pascoli. Una trasformazione che il Corpo Forestale osserva da anni e che ormai è sotto gli occhi. Il lupo pone un problema aggiuntivo di gestione, è vero, ma ciò avviene in un ambiente e un’economia del territorio che stanno comunque mutando».
IN «TRAPPOLA». La Panda «4X4» si conferma mito. «Quella vecchia era anche meglio», sorride Parricelli. Tra avvallamenti e strade forestali sconsigliate ai Suv si cercano tracce e «segni» del lupo. Ma la pioggia recente ha slavato gran parte delle orme, ne restano di volpe, tasso, cervo e capriolo ma solo un paio attribuibili alla famiglia «Slavc - Giulietta», che ora conta 12 bocche da sfamare. «La “coppia alfa“, due giovani e i sei cuccioli di quest’anno», conferma Paolo.
Resta una verifica. Zaini in spalla, per sentieri «da bestie» (nel senso letterale di tracciati dai selvatici), tra i «vaj», fino a una delle dieci «fototrappole» mimetizzate che sono parte della rete di monitoraggio del lupo lessinico. L’apparecchio, che scatta grazie a un sensore di movimento, è a posto, le pile cariche. Nella scheda, decimo di una serie di video c’è il lupo, che passa solitario nella notte del 10 ottobre, ignaro di essere spiato. Il resto ha per protagonisti caprioli, escursionisti e una banda di mucche vagabonde.«Beh, questi possiamo pure cancellarli...».
«CACCIA» FINITA. Ha vinto il «selvatico». «Non si può mai sapere... comunque si può stare certi solo di una cosa: il più delle volte “lui“ ti vede e tu non lo sai», ammettono i due esperti. Ed è svelato così quel senso di «presenza - assenza» quasi fisico tra la notte e l’alba. Lui forse vedeva senza farsi vedere. Da qualche parte, un giorno, le nostre piste si incontreranno.

Paolo Mozzo

lunedì 24 ottobre 2016

Recinti elettrici anti predazione «Spariti i lupi»

da L’Arena 20.10.2016 

Dieci recinti elettrici posati da metà agosto a oggi; 25 ettari di Lessinia recintati da Campostrini di Sant’Anna d’Alfaedo ai Pagani di Selva di Progno. Trenta chilometri di filo elettrico e nessuna predazione da lupo dopo l’installazione, anche in allevamenti che prima erano stati oggetto di predazioni plurime.
È il risultato confortante che l’assessore regionale all’Agricoltura, caccia e pesca Giuseppe Pan ha potuto illustrare nella sede di Parco e Comunità montana della Lessinia agli organi di informazione, ai rappresentanti degli allevatori e ai sindaci, facendo il punto della situazione, introdotto dal commissario Stefano Sisto con un breve excursus sulle attività svolte dal Parco in materia di sopralluoghi, monitoraggio, report, compilazione della documentazione amministrativa per gli indennizzi, partecipazione a serate divulgative.
«TORNO per parlare di lupi e come vedete non mi sottraggo al confronto», è stato l’esordio dell’assessore, che in effetti non è mai mancato quando ha annunciato la sua presenza e ha dimostrato concretezza e coerenza, mantenendo quando promesso, come gli riconoscono in tanti, dagli ambientalisti come Angelo Mancone di Legambiente al comandante provinciale del Corpo forestale dello stato Isidoro Furlan.
«Il tanto vituperato progetto Life WolfAlps ci ha quantomeno fornito 560mila euro di cui 430mila dall’Unione Europea per avviare azioni importanti di prevenzione e di messa in sicurezza degli allevamenti», ha premesso Pan, che ha incaricato il biologo Renato Semenzato di percorrere il territorio, parlare con gli allevatori, riportare le loro esigenze. «Insieme abbiamo visitato i luoghi del Piemonte e dell’Appennino dove la presenza del lupo è atavica e ci siamo confrontati con gli allevatori del posto. Di qui la decisione di posare i recinti su richiesta dei nostri allevatori, totalmente a carico della Regione. Finora i risultati ci danno ragione: dove ci sono i recinti le predazioni sono sparite», ha riconosciuto Pan. Che ha portato una seconda buona notizia: «Domani in giunta regionale si approverà una delibera che indennizza tutte le predazioni avvenute finora nel 2016 e le sei che erano rimaste fuori da un precedente contributo del 2015: in tutto sono 38mila euro. La Regione sborsa anche per la prima volta 850mila euro per i danni da fauna selvatica e dei grandi predatori», ha osservato Pan.
SEMENZATO ha raccontato che il primo recinto è stato posato in Malga Fraselle per un gregge di pecore, e nonostante la presenza dei lupi, c’è un solo caso accertato di predazione avvenuto per un animale rimasto all’esterno del recinto. A Malga Malera di Sopra ha dormito anche in tenda con il naturalista Mattia Colombo «per essere di sostengo anche emotivo all’allevatore che aveva subito tre predazioni in serie. In tre giorni abbiamo installato i dissuasori che finora hanno funzionato egregiamente. Ci muoviamo sempre su indicazione degli allevatori: sono loro a dirci dove intendono collocare il recinto, sono loro a conoscere le esigenze dei propri animali. La cosa funziona e sono loro stessi a chiamarci con il passaparola», ha rivelato il biologo.
UN CHILOMETRO di perimetro per 30mila metri quadrati è stato tracciato a Tecchie di Velo, nell’azienda di Roberto Tezza che per protesta aveva portato in fiera a Erbezzo una manza predata la sera precedente. «Grazie alla sua collaborazione abbiamo pulito il tracciato e posato paletti e fili. Sento dire che non si vuole più tornare in alpeggio per paura del lupo, ma è la scelta sbagliata», ha ribadito Semenzato.
Anche dal punto di vista ambientale si è cercato di rovinare il meno possibile la naturalità dell’ambiente: i quattro fili, che raggiungono un’altezza di 120 centimetri, sono montati su paletti verdi in fibra di vetro o anche utilizzando paletti di legno preesistenti che reggevano del filo spinato. Un chilometro di recinto costa 2100 euro solo di materiale: oltre ai quattro fili ci sono i paletti, la batteria che fornisce una corrente di 5 kilovolt e un pannello solare che la mantiene in carica.
Per la mano d’opera l’assessore ha chiesto aiuto alle associazioni e ai volontari per risparmiare sul montaggio e destinare i soldi ad altre opere di prevenzione. Gli allevatori cominciano a richiederli e ai 10 già installati (quattro a Selva di Progno, quattro a Velo, uno ciascuno a Bosco Chiesanuova e a Sant’Anna d’Alfaedo), se ne aggiungeranno nelle prossime settimane altri cinque a San Giorgio e a Campofontana.
Fausto Albi di Purga di Velo che ha avuto un torello di razza pregiata predato lo scorso settembre dietro le case dei Bortoletti, ha voluto il recinto per salvare gli altri capi: «Finora funziona. Non so se sia merito del recinto o perché i lupi se ne sono andati, però non ho più avuto predazioni», ha detto all’assessore Pan che è stato a visitare la sua azienda.


Vittorio Zambaldo

La replica degli allevatori «Soluzione tampone»

da L’Arena 20.10.2016

Non tutti gli allevatori sono rimasti convinti dell’esposizione che l’assessore Pan e il biologo Semenzato hanno fatto dell’utilità dei recinti elettrici per la prevenzione dei danni da predazioni di lupi sugli animali domestici: «Resisteranno qualche tempo, ma prima o poi i lupi troveranno il modo di entrare, e se non lo faranno saranno gli animali all’interno a sfondare il recinto e uscire terrorizzati dalla presenza dei lupi attorno», hanno osservato.
Lucio Campedelli, sindaco di Erbezzo, unico rappresentante degli amministratori che ha lamentato il ritardo con cui sono stati convocati («Solo il giorno prima dell’incontro»), si è detto perplesso: «Mi sembra più un sistema per affamare il lupo che si sposterà altrove e ci auguriamo che arrivi anche alle periferie delle città a rovistare nei cassonetti. Non sarebbe più semplice e meno costoso intervenire sulla popolazione di lupi, riducendone il numero? Chiediamo un incontro anche per avviare un procedimento normativo in questo senso», è stata la sua proposta, accolta dall’assessore Pan che si è detto disposto a tutto, anche a cambiare la legge nazionale in materia di tutela dei lupi, «ma sappiamo che sarà una strada lunga. Nel frattempo diamo soluzioni tecniche e chi le vuole accogliere sa che sono gratuite. Indennizzi ce ne saranno ancora, ma non è detto che ci siano per chi non si attiva con un minimo di prevenzione». Per Daniele Massella, vicepresindete dell’associazione tutela della Lessinia «questo attivismo attorno ai recinti lo si è già visto in Piemonte ed è stato fallimentare, portando all’abbandono dei pascoli. L’unica speranza nostra è che il progetto Life WolfAlps chiuda alla sua scadenza naturale nel 2018 senza più sprecare soldi inutilmente». «Il lupo è un cancro che avanza, questi recinti sono solo dei tamponamenti», ha osservato un altro allevatore. «Non ci sono altre soluzioni: se le avete datemele», ha risposto Pan, «ma quella dell’abbattimento per ora non è praticabile. Forse ci si arriverà, ma intanto questa è una soluzione che si può adottare e che ha dimostrato di funzionare». V.Z.

Convivenza possibile tra lupi e bestiame in Lessinia: "I primi esiti sono positivi"

da L’Arena 19.10.2016 

Nella sede del Parco della Lessinia si è tenuto un incontro per discutere dei risultati iniziali del progetto Life Wolfalps: "La strategia dissuasoria mette in sicurezza i pascoli protetti".

Una convivenza difficile ma possibile, quella tra lupi, bestiame e allevatori. Anche in una zona di pascoli e di malghe come l’altopiano veronese della Lessinia, popolata da circa 7000 capi di bestiame, tra bovini e ovini. Questo il messaggio lanciato dall’assessore all’agricoltura Giuseppe Pan, dal commissario del parco regionale della Lessinia Stefano Sisto, dal biologo Renato Semenzato incaricato dalla Regione di gestire la presenza del branco predatore sulle montagne veronesi, nel corso del secondo confronto con allevatori e amministratori della Lessinia. L’incontro si è svolto mercoledì, nella sede dell’ente parco, a Bosco Chiesanuova, per discutere i primi risultati del progetto Life Wolfalps. “I primi esiti sono positivi, la strategia dissuasoria mette in sicurezza i pascoli protetti”, ha affermato Pan, incrociando date e localizzazioni degli ultimi due anni di assalti e predazioni condotte dal branco che da quattro anni ha preso dimora nell’altopiano veronese. Quest’anno i lupi hanno attaccato 57 volte le greggi e gli armenti delle malghe della montagna veronese, uccidendo 64 capi, tra bovini e pecore. L’attività predatoria appare in aumento: lo scorso anno il branco aveva attaccato 43 volte, causando la morte di 45 capi e il ferimento di 3. “Ma, dallo scorso agosto, là dove sono stati collocati i recinti elettrificati non si sono più verificati attacchi al bestiame, compresi quegli allevamenti che in passato erano stati oggetti di assalti plurimi”, hanno fatto notare assessore e biologo replicando alle perplessità di allevatori vittime degli assalti del lupo e del sindaco di Erbezzo, Lucio Campedelli.

Obiettivo del progetto europeo Life Wolfalps – ha ricordato l’assessore - è preservare la presenza del lupo nell’arco alpino limitandone i danni e difendendo l’equilibrio dell’ecosistema, con opportune strategie di prevenzione e difesa. Il progetto rappresenta una opportunità di intervento a breve e medio termine che la Regione offre gratuitamente agli allevatori per mettere in sicurezza la prosecuzione della loro attività – ha chiarito Pan - I primi risultati sono confortanti e ci incoraggiano a proseguire, disponibili a continuare il confronto e a ricercare nuove strategie di contenimento.

La Lessinia è una delle 7 aree dell’arco alpino destinatarie del programma europeo Life Wolfalps. Pensato e approvato nel 2013 e messo in opera da quest’anno, il progetto per la Lessinia prevede la posa di dissuasori acustici e di recinzioni elettrificate, alimentate ad energia solare, per proteggere mandrie e greggi e scoraggiare gli attacchi predatori del branco. Da agosto ad oggi sono stati realizzati dieci recinti, per circa 30 chilometri lineari di filo elettrificato, con la posa di 3500 paletti in fibra di vetro e 105 pali di legno: con 450 ore di lavoro e 34 mila euro di spesa sono stati messi in protezione circa 25 ettari di pascolo. Altri 5 recinzioni sono in fase di realizzazione. Il budget complessivo del progetto, che proseguirà fino al 2018, è di 560 mila euro, di cui 430 mila finanziati dall’Unione europea e 130 mila di cofinanziamento regionale. “Un investimento sostenibile, di minimo impatto ambientale e visivo, e inferiore a quanto la Regione spende per indennizzare gli allevatori dei capi predati”, ha sottolineato l’assessore.

Nel 2016 la Regione Veneto ha già stanziato oltre 38 mila euro di indennizzi per ristorare gli allevatori delle perdite di bestiame subite a causa degli attacchi del lupo. “Con la delibera di prossima approvazione la Regione provvederà a saldare gli indennizzi per tutti i danni sinora subiti dagli allevatori – ha promesso Pan – e l’impegno è di rendere sempre più veloci le procedure di liquidazione. Ma la nostra strategia va oltre il mero rimborso: vogliamo prevenire e contenere gli attacchi del lupo e dirottarlo verso altre prede".

Le prossime tappe del progetto Wolfalps in Lessinia sono il raddoppio del numero di recinzioni elettrificate e l’introduzione di cani da guardianìa, il controllo delle azioni di bracconaggio, oltre alla prosecuzione delle attività di formazione degli allevatori e di sensibilizzazione della popolazione, per superare paure e ataviche diffidenze. Oltre al coinvolgimento di stagisti dell’Università di Padova, tecnici e forestali puntano al sostegno di allevatori e volontari.

"La presenza del lupo, se ricondotto al suo habitat boschivo, può diventare una componente dell’ecosistema della Lessinia, funzionale all’equilibrio della fauna selvatica – ha concluso l’assessore Pan – Questo intervento fa della Lessinia un caso- pilota per una corretta gestione faunistica, dal quale si potranno ricavare esperienze per gestire anche altre emergenze, in altre aree della Regione, come la comparsa del lupo anche sull’altopiano di Asiago o il dilagare degli ungulati in collina e in pianura".

martedì 18 ottobre 2016

Da regione veneto progetto per convivenza tra allevatori e lupi

L’altopiano della Lessinia e uno degli habitat di recente ricomparsa del lupo in Italia: il branco, composto da una coppia al suo quarto ciclo riproduttivo e da una dozzina di esemplari, sta riproponendo la tematica della difficile convivenza tra il predatore e l’attivita di allevamento che caratterizza l’ecosistema dell’altopiano veronese. Strategie e risultati della gestione della presenza del lupo e le nuove iniziative per la messa in sicurezza del bestiame vengono presentati agli operatori dell’informazione **mercoledi 19 ottobre** a Bosco Chiesanuova (Verona), nella sede del Parco regionale/Comunità montana della Lessinia.
Intervengono: Giuseppe Pan, assessore regionale all’Agricoltura, Stefano Sisto, commissario del Parco regionale, Renato Semenzato, biologo del comitato scientifico di Legambiente, Angelo Mancone, Legambiente Verona, Associazione Tutela della Lessinia (allevatori e proprietari di malghe). Sono stati invitati i 15 sindaci del territorio del Parco regionale.
Le attivita, che rientrano nel progetto europeo Life Wolfalps e nel Piano d’azione nazionale di conservazione del lupo, prevedono strategie integrate di controllo per proteggere la sopravvivenza del lupo, contenerne l’attivita predatoria e mettere in sicurezza la presenza dei bovini al pascolo in un territorio vasto oltre 200 km quadrati, che conta un centinaio di malghe e circa 7 mila capi di bestiame.

lunedì 10 ottobre 2016

Allevatori e sindaci, il fronte anti lupi

... continua la propaganda del terrore e delle ripercussioni sul turismo al fine di scagliarsi sul povero lupo.

da L’Arena 09.10.2016 

Con l'appoggio dei primi cittadini della Lessinia e di Valdegamberi si chiederà una deroga alla direttiva europea sui predatori.

Vittorio Zambaldo, dall'Arena. L'appoggio di tutti i sindaci della Lessinia c'è, quello del consigliere regionale Stefano Valdegamberi anche, ma agli allevatori nella lotta contro il lupo mancano all'appello Parco, Regione, Governo e Unione Europea. Per questo le conclusioni dei vari interventi che ci sono stati nell'affollato teatro di San Bortolo delle Montagne erano di delusione e quasi rassegnazione, anche se da tutti è arrivata l'esortazione a non cedere e tentare tutte le strade possibili per avere una risposta soddisfacente.
Le predazioni in questa parte di provincia, che fino a quest'estate non c'erano mai state, hanno messo in crisi gli allevatori che al di là dei rimborsi non hanno trovato finora risposte adeguate per superare il problema. La strada che pare più percorribile sembra finora quella di insistere sulla possibilità di deroga alla direttiva comunitaria Habitat: «II lupo è protetto più di una persona e se la norma era accettabile quando la specie era in estinzione oggi non ha più senso», ha attaccato Valdegamberi, che ha denunciato la difficoltà a far accettare quest'idea agli stessi funzionari regionali. «Per elaborare un progetto di applicazione della deroga prevista dalla direttiva Habitat mi sono dovuto rivolgere a un consulente esterno: l'elaborato è già in bozza e tra una ventina di giorni potremmo discuterlo per affidarlo poi alla Regione che lo presenti al Governo. Ho seri dubbi che possa essere accettato perché c'è una diffusa cultura ambientalista in tutti i settori. Noi purtroppo rappresentiamo una minoranza».
Di qui la seconda proposta del consigliere regionale per una sottoscrizione popolare da firmare negli uffici anagrafe dei Comuni della Lessinia dove la gente dica che vuole essere padrona a casa propria «e sulla scorta di quanto sancito dalla Costituzione si ribadisca il valore della proprietà privata e la volontà di non cederla all'invasione di un predatore che vorrebbe essere padrone dei nostri beni».
Idea sostenuta anche dal sindaco Aldo Gugole che invita lo Stato a confinare i lupi nelle proprie proprietà demaniali, invece che pagare Forestali e veterinari a seguirli, abbandonando i servizi a cui prima erano impegnati.
«QUELLA della deroga è una strada percorribile», ha aggiunto Daniele Massella, vicepresidente dell'Associazione Tutela della Lessinia, «anche se finora in Italia non ne sono mai state concesse a differenza di altri paesi europei e della Svizzera. Avrebbe un alto valore simbolico perché l'abbattimento di qualche lupo sarebbe lo sfondamento di un muro ideologico in cui il predatore è raffigurato come un totem intoccabile senza il quale non dovrebbe funzionare il mondo della biodiversità. Altro passaggio importante è convincere la Regione a non rinnovare il progetto Life WolfAlps che sarà in scadenza nel 2017»
Tutti i sindaci presenti Aldo Gugole e la sua vice Elisabetta Peloso per Selva di Progno, Emanuele Anselmi per Badia Calavena, Claudio Melotti per Bosco Chiesanuova, Alessandra Ravelli per Rovere e Mario Varalta per Velo hanno confermato l'appoggio agli allevatori raccontando anche come tutti i passaggi istituzionali fatti con Regione e Prefettura e con il ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti siano stati finora passaggi a vuoto, tant'è che il tavolo tecnico è stato abbandonato perché «fallimentare» per le posizioni troppo distanti tra le parti.
«DOBBIAMO RIPRENDERCI almeno il Parco, che si sta muovendo su una linea politica non condivisa quantomeno dai sindaci», ha ribadito Melotti, «delle cui indicazioni non tiene conto e tanto meno di quelle della popolazione». I sindaci hanno rilevato che le ricadute sono negative non solo sull'allevamento per le predazioni, ma di conseguenza anche sull'ambiente con numerose malghe non più utilizzate e sul turismo, con diversi escursionisti che hanno abbandonato la frequentazione dell'altopiano «perché i lupi fanno paura. Non sono marmotte o caprioli». «Sono pessimista e sono convinto che finché ci saranno i soldi dei progetti di tutela dei lupi, dovremmo tenerci i predatori. Una volta fuori da Life WolfAlps il problema si risolverebbe da solo», ha previsto Varalta. Tutti hanno espresso la convinzione che «finché non capiterà la tragedia con un'aggressione a una persona, non succederà nulla». Dai numerosi allevatori presenti in sala sono arrivate diverse proposte operative immediate, che a parte quella illegale di imbracciare le doppiette e risolvere il problema in pochi giorni, riguardano l'espressione del voto con scheda bianca al prossimo referendum costituzionale, alle dimissioni in massa dei primi cittadini o al limite alla consegna simbolica collettiva di fascia tricolore e chiavi del municipio in Prefettura, accompagnate dalla raccolta firme sul documento proposto da Valdegamberi.

giovedì 6 ottobre 2016

Tempo di Lupi – Una mostra di BergamoScienza 2016

TEMPO di LUPI è il titolo della mostra itinerante che, tra le tante, ci viene presentata quest’anno BergamoScienza.


Con un titolo che, come piace tanto a me, gioca sulle parole: tempo DA lupi, tempo DI lupi.
E con un sottotitolo che già ci fa capire cosa ci si può aspettate in questo itinerario didattico: la storia di un ritorno.


Prima di parlare della mostra non possiamo spendere due parole sul COMPLESSO dove è stata allestita: la ex Chiesa di S. Maria Maddalena in via S. Alessandro, una perla incastonata in uno dei quartieri più storici di Bergamo.


Un complesso composto da vari edifici il più vecchio dei quali, la ex Chiesa trecentesca. Contraddistinta da un portale di pietra le cui mensole agli estremi dell’architrave hanno angeli come sostegno e nella lunetta spicca la figura della Maddalena. Divisa in quattro campate da tre archi acuti.
La parte absidale e l’arco di trionfo sono ricoperti di affreschi riferibili ad un anonimo pittore della fine del XIV secolo.
Particolarmente significativo, un dipinto sulla parete destra del presbiterio ci presenta i padroni di casa. L’uno di fronte all’altro due gruppi di disciplini vestiti della capa con il cappuccio calato sul volto sono inginocchiati a mani giunte. Li precedono due confratelli che tengono alta tra le mani una croce astile con il Cristo crocefisso. Al centro, posti frontalmente, due confratelli hanno il volto scoperto. Le aureole, una delle quali raggiata, mostrano il segno della loro santità.
Il tetto è a due falde con una orditura completamente in legno. Appena entrati, sulla sinistra le vestigia di un pavimento di cotto antico. Passando da via Borfuro si può intravvedere l’antico campanile, con ghiera ad arco e finestre in cotto.
Nel resto del complesso trova spazio un ampio chiostro e l’antico ospedale adibito nel passato a sostegno dei più bisognosi.

MA ORA PASSIAMO ALLA MOSTRA.

Aperta durante tutto il periodo di BergamoScienza (dal 1 al 16 ottobre 2016) può essere visitata liberamente oppure con una guida. Da scuole e da privati. Gratuitamente.
La visita guidata e le visite delle scuole vanno preferibilmente prenotate registrandosi attraverso il portale www.bergamoscienza.it . Oppure, nel caso di pochi visitatori presenti, chiedendo direttamente alle guide. Che cortesemente chiedendo, cortesemente non vi diranno di NO.
La mostra parte da lontano, molto lontano: dalla preistoria. Quando lupo e uomo erano DUE CACCIATORI PER UNA STESSA PREDA.


Mostrando e spiegando il rispetto riservato a questo animale da parte dell’uomo, tanto che, nel tempo, la sua progenie addomesticata, ne è diventata IL MIGLIORE AMICO.
In tempi antichi la mitologica figura della Lupa Capitolina suggella il patto con questo animale diviene il simbolo di un Impero e tutt’ora l’icona della capitale Italiana.
Ma non solo i romani avevano un culto speciale per i lupi. Le monete galliche e i tamburi sciamanici sono ulteriori segni di rispetto verso questo cacciatore.
E che dire poi della cultura dei Pellerossa d’America e dei popoli nomadi eurasiatici, dove solo chi comanda può indossare la pelliccia di un lupo.
Lo spirito del cacciatore si è poi trasformato nella necessità di allevare il bestiame. Ed ecco che il LUPO, da compagno di caccia, diviene l’assassino che distrugge greggi e mandrie. Un animale pericoloso. Un animale cattivo. Sempre più considerato ostile.
La mostra si sviluppa ulteriormente sugli aspetti antropologici più significativi del passato: dalle LEGGENDE sui lupi mannari, alla visione medioevale del Lupo come emblema del demonio, alle campagne di abbattimento “in nome di Dio e del RE”.


Quale è l’animale cattivo che mangia Cappuccetto Rosso e la Nonna? Quale è l’animale cattivo che vuole divorare i tre porcellini? Quale è la bestia feroce alla quale San Francesco dice di smettere di fare il cattivo? Sempre lui! IL LUPO
Fortunatamente ci sono anche situazioni positive, come nel film “Balla coi lupi” e il supereroe “Wolverine”.
Con le campagne di abbattimento, in Italia si è sfiorata l’estinzione. Nel 1970 la popolazione censita sul territorio nazionale era inferiore ai 150 esemplari.
Nel 1971 un decreto ministeriale toglie il lupo dall’elenco degli animali nocivi e ne vieta la caccia. Nel 1976 un altro decreto  vieta l’utilizzo dei bocconi avvelenati.
Il suo RIPOPOLAMENTO, partito dall’Appennino, si sta espandendo sempre più anche sulle Alpi.


Ma questa politica di ripopolamento deve per forza essere accompagnata da una energica attività di tutela di pastori e mandriani, che periodicamente subiscono perdite naturali da parte dei branchi.
I  finanziamenti “passivi” (rimborso dei capi persi) hanno lasciato campo anche a “finanziamenti attivi”. Specifiche sovvenzioni per l’acquisto di recinzioni elettrificate, per l’acquisto di Flandry (recinzioni mobili composte da bandierine rosse dissuasive). Oppure di dissuassori sonori e luminosi, efficaci non solo contro i lupi.
Per completarsi anche in specifiche attività per l’addestramento di cani pastori, al pagamento delle specifiche visite veterinarie e tanto altro.
La visita guidata dura mediamente 50 minuti.
E tra le altre cose insegna mostra come distinguere un lupo da un cane. Mettendo in evidenza soprattutto la facilità con la quale spesso e volentieri si confonde un cane-lupo cecoslovacco, razza domestica, con il  “CANIS LUPUS“.

La mostra si completa giovedì 7 ottobre 2016 con una conferenza dal titolo “IN VIAGGIO CON I LUPI” presentata da Giuseppe Festa, naturalista e scrittore.

“TEMPO da LUPI” e “Life Wolfalps” sono presenti con un fantastico video anche su YouTube.


Quando vi presentate dite che siete dei LUPI DI BREMBILLA! Potrebbe essere che vi riservano una accoglienza speciale!

Monumento ai Lupi del Pizzo Cerro – Brembilla



mercoledì 5 ottobre 2016

Lupi d’autunno 2016

Anche quest’anno il Comune di Ala (TN) organizza l’escursione “Lupi d’autunno” una camminata sulle tracce dei lupi nella meravigliosa cornice dei Monti Lessini.

L’appuntamento è per SABATO 15 OTTOBRE ore 14.30 presso l’Albergo Monti Lessini alla Sega di Ala (TN). Escursione di circa 3 ore (incluse soste informative) salendo dalla Sega di Ala verso la Strada dei Ladri, Passo Fittanze e Bocca Martin. Rientro per le ore 17.30 circa alla Sega e MERENDA.

IN CASO DI MALTEMPO L’ESCURSIONE SALTA.
In caso di tempo incerto verrà fatta un’attività di presentazione del lupo in Lessinia con l’ausilio di immagini e, a seguire, tempo permettendo, verrà effettuata parte dell’escursione in programma.

QUOTA DI PARTECIPAZIONE (a copertura delle spese): Euro 5,00 – gratuita per bambini fino a 10 anni accompagnati da un adulto.

INFO E PRENOTAZIONI ENTRO VENERDI’ 14 ottobre presso
l’Ufficio Cultura del Comune di Ala – Tel. 0464-674068

«I lupi? Anche gli allevatori meritano la Bandiera Verde»

da L’Arena 02.10.2016

La Bandiera verde della Carovana delle Alpi, assegnata da Legambiente a esempi virtuosi di difesa e promozione del territorio alpino, andata quest’anno, unica in Veneto, al Corpo Forestale dello Stato, alla Polizia provinciale e al Parco naturale regionale della Lessinia per il lavoro di monitoraggio e informazione sui lupi della Lessinia, «la meritano anche e soprattutto gli allevatori», commentano i responsabili dell’associazione Tutela della Lessinia che raccoglie proprietari terrieri, malghesi e allevatori uniti dalla convinzione che non sia possibile sull’altipiano nessuna convivenza fra predatori e animali domestici.
«Nel complimentarci con il Corpo Forestale dello Stato, la Polizia provinciale e il Parco per il ricevimento della “Bandiera verde”, ci teniamo a far presente a Legambiente che esistono anche gli allevatori, altrettanto meritevoli del riconoscimento, dato che oltre a svolgere il loro compito di cura e conservazione del territorio, in un contesto di forte crisi del mercato lattiero-caseario, si stanno facendo carico della presenza del predatore sopportando oneri di ogni tipo e di entità ben superiore agli indennizzi che ricevono», scrivono i rappresentanti degli allevatori e proprietari terrieri.
Ricordano altresì che gli oneri a carico non sono solo strettamente economici (diretti e indiretti) e affettivi, «ma anche legati alla sopportazione di tutte quelle figure che non perdono mai l’occasione per incolpare gli allevatori per la mancata applicazione dei sistemi di prevenzione, dimenticando di spiegare che qualora fossero davvero applicabili, sarebbero anche antieconomici. Ci sono personaggi che insistono nel convincere a “facciamo come” la “consueta convivenza” sugli Appennini, dimenticando di spiegare che la situazione tra uomo e lupo è sempre stata di forte conflittualità anche là, come in ogni altro luogo e altri personaggi che cercano di mascherare con inutili sproloqui la mancata stesura di una pubblicazione di tipo scientifico sul monitoraggio dei lupi in Lessinia con l’annessa figuraccia di quest’ anno». Il riferimento è alla comunicazione dei nuovi nati: una foto dei cuccioli su un profilo Facebook privato di un fotoamatore trentino, «figuraccia rimediata non tanto da chi opera sul territorio ma soprattutto dal solito progetto Life WolfAlps, che ha dovuto correggere da uno a sei il numero dei nuovi cuccioli di lupo nati nel 2016».
Gli iscritti all’Associazione Tutela della Lessinia candidano gli allevatori della Lessinia per la prossima Bandiera verde e chiedono, «a chi l’ha ricevuta quest’anno, di colmare le carenze del progetto, arrivando alla stesura di un documento scientifico ufficiale sul monitoraggio dei lupi in Lessinia, affinché il loro lavoro non sia stato fine a se stesso, ma utile a formare una base scientifica per arrivare a un equilibrio tra la tutela del lupo e la tutela di chi abita e lavora in montagna, attraverso una revisione normativa che da tempo chiediamo». V.Z.

mercoledì 28 settembre 2016

EVENTI OTTOBRE 2016

Segnalo:

- Mostra "Tempo di lupi" a Bergamo, visitabile dal 3 Ottobre 2016 presso l’ex Chiesa della Maddalena (Città Bassa).

- Venerdì 14 inaugura presso il Museo di Storia Naturale di Chies D'Alpago (BL) “Presenze Silenziose”, la mostra che il Club Alpino Italiano dedica ai grandi carnivori delle Alpi.

martedì 27 settembre 2016

Subito nuove misure per contrastare i lupi

da L’Arena 13.09.2016

Non sono piaciute le dichiarazioni dell’assessore all’Agricoltura e Caccia Giuseppe Pan sui lupi, all’Associazione tutela della Lessinia, che da anni si batte per la difesa di allevatori e proprietari terrieri dal predatore. «Pur condividendo che a esporre carcasse predate in piazza non si dovrebbe arrivare, occorre prendere atto che dalla Regione sono arrivate risposte pratiche solo per gli indennizzi, che come abbiamo detto più volte, rappresentano solo un palliativo al problema», scrivono i rappresentanti dell’associazione.
Denunciano: «I danni si stanno scaricando, sotto forma di costi non sopportabili in un periodo di crisi come questo, sugli allevatori e sui proprietari terrieri, che vedono intaccati i propri diritti costituzionali, per cui risulta inevitabile che si arrivi a gesti esasperati».
«Abbiamo partecipato in maniera costruttiva ai tavoli tecnici istituiti dall’assessore, dimostrando come i sistemi di prevenzione disponibili non siano economicamente sostenibili, quando sono tecnicamente applicabili, e che il progetto Life WolfAlps è inadeguato, sotto il profilo tecnico e finanziario, ad affrontare un problema di queste dimensioni. Perciò la task force, che l’assessore cita, potrà fare poco o nulla se non limitarsi a proporre soluzioni a caso, tanto per compiacere l’ente finanziatore europeo». Dopo le critiche, le proposte. Tre quelle che l’Associazione rivolge all’assessore Pan: «Non si ricopra di ridicolo proclamando come un successo l’attività di prevenzione fatta in qualche malga, dato che, per il momento, tutta l’area circostante agli alpeggi in cui sono stati installati i sistemi di dissuasione è esente da attacchi. Attacchi che si sono spostati di 8-10 km in linea d’aria rispetto alla zona più sottoposta agli sbranamenti, concentrandosi nella zona di Campofontana». Secondo allevatori e proprietari terrieri «lo spostamento dei lupi non è di certo dovuto all’installazione di qualche dissuasore acustico o recinzione elettrificata».
La seconda proposta è di proseguire con la revisione normativa: «Serve ritrovare l’ equilibrio tra la tutela del predatore, che non può più essere assoluta, e la tutela delle attività economiche di montagna, in una valutazione economica che tenga conto delle possibilità, oggi molto scarse rispetto alle necessità, di finanziamento dei danni e delle attività di prevenzione».
Terza proposta: «Si metta mano subito alle nuove misure del Piano di sviluppo rurale, nello specifico le misure relative all’agroambiente, caratterizzate da vincoli senza senso, e relative ai bandi forestali, che impongono una scorretta distribuzione dei finanziamenti all’interno della Regione». Quindi la mano tesa: «A disposizione di chiunque dimostri la buona volontà di risolvere i problemi del nostro territorio».

di Vittorio Zambaldo

lunedì 26 settembre 2016

KONRAD LORENZ

Devo tuttavia confessare che, nel mio sentimentalismo, sono profondamente commosso e ammirato di fronte a quel lupo che non può azzannare la gola dell'avversario, e ancor di più di fronte all'altro animale, che conta proprio su questa sua reazione! Un animale che affida la propria vita alla correttezza cavalleresca di un altro animale! C'è proprio qualcosa da imparare anche per noi uomini! Io per lo meno ne ho tratto una nuova e più profonda comprensione di un meraviglioso detto del Vangelo che spesso viene frainteso, e che finora aveva suscitato in me solo una forte resistenza istintiva: "Se qualcuno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra...". L'illuminazione mi è venuta da un lupo: non per ricevere un altro schiaffo devi offrire al nemico l'altra guancia, no, devi offrirgliela proprio per impedirgli di dartelo!

KONRAD LORENZ

La vicina Lombardia ci sia di esempio

16 allevatori lombardi e 18 tecnici di Province, Parchi e Comunità Montane della Lombardia a confronto con 6 allevatori che lavorano nel territorio del Parco Alpi Cozie, dove la presenza del lupo è stabile. Il 19 e il 20 settembre sono stati due giorni di visite in alpeggio per discutere con gli allevatori del territorio piemontese di gestione del bestiame e dell’utilizzo dei diversi sistemi di prevenzione. Tra gli allevatori della Lombardia c’è chi affronta per la prima volta il tema dei grandi predatori, c’è chi ha adottato i sistemi di prevenzione quando l’orso ha fatto la sua ricomparsa sulle Orobie e ora li utilizza saltuariamente, ma è pronto ad utilizzarli ancora, qualora la presenza del lupo diventasse stabile. O ancora chi ha adottato i sistemi di prevenzione in seguito ad alcune predazioni da parte dell’orso e non tornerebbe più indietro, perché grazie alle recinzioni è diventato più facile gestire il gregge.
Tra i piemontesi vi è la testimonianza diretta di Fulvio Benedetto, che con il suo gregge di 1400 pecore ha affrontato il ritorno del lupo e dopo le predazioni ha ora con sé recinti elettrificati e cani da protezione che difendono le sue pecore. Vi sono i fratelli Canton, che con allevamento misto ovino e bovino continuano ad avere danni e predazioni. Qualche allevatore già si conosceva personalmente, e tra i temi trattati è emersa l’importanza della informazione (e formazione) ai turisti e agli escursionisti, affinchè siano consapevoli e rispettosi del lavoro degli alpeggiatori e informati su come comportarsi vicino a un gregge e ai cani da protezione.
Il lupo è una presenza con cui in Piemonte molti allevatori professionisti hanno cominciato a convivere. I lombardi presenti si dicono pronti ad affrontare questa sfida.

giovedì 22 settembre 2016

Si premiava chi portava una testa di lupo

da L’Arena 20.09.2016

«L’han capito già nell’ 800. Si premiava chi portava una testa di lupo.»

Ignazio Scapin


Ha fama di essere il Re Mida delle situazioni difficili e a lui, l’ottuagenario Ignazio Scapin di Bonavigo, si sono rivolti in questo periodo gli allevatori della Lessinia nella speranza di risolvere il nodo «lupi».

Scapin è imprenditore agricolo e commerciante cofondatore di Azove (Consorzio cooperativo che si occupa di commercio, assistenza alimentare, veterinaria e finanziaria agli allevatori di carne bovina) e membro di Unicarve, l’associazione degli allevatori di bovini da carne del Triveneto. Ha saputo dare un’imrponta imprenditoriale alle due realtà.

«Sono sempre andato ad aiutare chi era nel bisogno», dice di sé, ricordando i precedenti in parrocchia come catechista, giocatore di calcio, ping pong e soprattutto di dama. «A dama poi», rivela, «non ho mai perso una partita perché ho sempre studiato l’avversario e ho saputo cambiar gioco a seconda di chi avevo di fronte».
Quella con il lupo è una partita difficile e Scapin assicura di averla studiata a fondo e di avere la soluzione: «Ogni bestia in meno in azienda è un calo di stipendio per la famiglia, ma noi siamo bravi a pretendere lo stipendio a fine mese e non pensiamo alle fonti di ricchezza che distruggiamo. Ci vuol poco a capire che la produzione di bestiame e la disponibilità di carne sono aumentate nel momento in cui, dall’inizio dell’Ottocento, gli amministratori hanno cominciato a premiare chi portava una testa di lupo abbattuto. Così bisognerebbe fare anche oggi».
Inoltre secondo Scapin non si deve cedere alle emozioni, «perché sull’onda emotiva si fanno solo delle gran baruffe e lo Stato non può farsi sostituire dalle emozioni».
«Questo pasticcio del lupo è successo», sottolinea, «perché alla politica è mancato il pugno di ferro».
E denuncia: «I contributi europei e regionali destinati a risarcire gli allevatori in realtà sono ricavati da quelle stesse tasse che danneggiano imprese e famiglie. Quelle stesse realtà che a loro volta sono danneggiate dalle predazioni e di conseguenza risarcite con i loro stessi soldi pagati in tasse: così si difendono i lupi, non l’uomo».
«È una cultura comunista che va contro le aziende e i lavoratori autonomi», conclude Ignazio Scapin, da uomo che non si definisce di destra, ma piuttosto cristiano- sociale.V.Z.»


lunedì 19 settembre 2016

Farley Mowat, Never Cry Wolf, 1963

Abbiamo condannato il lupo non per quello che è, ma per quello che abbiamo deliberatamente ed erroneamente percepito che fosse – l’epitome mitizzata di un selvaggio e spietato assassino − che è, in realtà, nient'altro che l’immagine riflessa di noi stessi.

Farley Mowat, Never Cry Wolf, 1963

Intervista a Francesca Marocco

Intervista a Francesca Marocco - di Elisabetta Corrà, su La Stampa, 2014

Francesca Marucco racconta i suoi venti anni di convivenza con i lupi con allegria e umiltà. Ma la sua storia professionale è prestigiosa: Francesca è la più esperta zoologa italiana di lupi, ha vissuto 8 anni negli Stati Uniti, con una robusta esperienza di ricerche sul campo in Montana, dove oggi è docente affiliata presso l’Università. Insegna però anche nell’ateneo di Torino, perché è piemontese doc e l’Italia deve a lei la coordinazione del Progetto Lupo Piemonte che ha consolidato il ritorno di questo predatore sull’arco alpino. Nel 1983 i lupi in Italia erano 200: la stima del 2012 è di 800 esemplari. Grazie alla normale dispersione tipica della specie, dalla fine degli anni ’90 i lupi sono apparsi in Valle Pesio (CN), Valle Stura (CN) e Parco Naturale del Gran Bosco di Salbertrand (TO).  

Oggi Francesca presiede il LIFE WOLFALPS, il programma di monitoraggio dei lupi sulle montagne italiane nel più ampio quadro delle normative europee. Allieva del “grande” Luigi Boitani, il padre della conservazione dei carnivori in Italia, Francesca ha scritto per le edizioni Il Piviere un libro suggestivo: Il lupo. Biologia e gestione sulle Alpi e in Europa (2014), un tracking scientificamente rigoroso e anche ispirato - con splendide fotografie - nel silenzio delle foreste e dei boschi dove vivono, cacciano e si riproducono i lupi. Perché Canis lupus è l’animale simbolo del confine frastagliato e sempre contraddittorio tra l’umano e il selvaggio, tra Natura e Cultura. 

Il tuo è un libro specialistico e però molto accessibile, ricco di consigli pratici per chi vuole saperne di più e magari si avventura in montagna sognando l’incontro con questo animale unico.

Il mio intento era riuscire a far capire cosa è il lupo a varie tipologie di persone, che ne sono appassionate pur non conoscendolo come specie: ambientalisti, cacciatori, allevatori, escursionisti. Però ho voluto anche dare il mio contributo allo sviluppo di una “cultura del selvatico” qui in Italia. In Nord America gli animali selvaggi sono vissuti come specie da apprezzare, ma a distanza. Da noi, in zone molto antropizzate, abbiamo l’idea del lupo come peluche o del predatore da eliminare. Questo è un momento in cui si parla molto del terrore per il lupo, ma il lupo nei nostri boschi si è reinsediato da decenni senza nessun attacco documentato alle persone. E se poi pensi al numero dei visitatori delle montagne, l’evidenza statistica della sua non pericolosità è chiara. Il lupo, poi, è molto difficile da vedere, anche per lo sguardo esperto di un biologo. Si tiene alla larga il più possibile da noi umani. 

Tu spieghi che tutte le popolazioni di grandi carnivori sono transfrontaliere. Perché quello che sta accadendo in Veneto è cruciale per il destino dei lupi italiani?  

In Veneto come in Piemonte purtroppo è passato un messaggio fuorviante. La gente dice, il lupo mi è passato davanti alla porta di casa. Capisco che possa fare effetto, ma se conosci la specie sai che non devi temerlo. La ricolonizzazione naturale delle Alpi occidentali è il frutto dell’espansione della popolazione di lupi presente nell’Appennino; tra queste due zone c’è un corridoio ecologico costituito dall’Appennino ligure lungo cui i lupi si spostano, mantenendo aperta la possibilità di incroci genetici. Ma ancora più importante è la nuova connessione tra i lupi delle Alpi occidentali e la popolazione dinarica della Slovenia, documentata con due coppie riproduttive in Veneto e anche in Friuli. Si tratta di una occasione irripetibile di arricchimento genetico per il lupo italiano, la riunificazione di due subpopolazioni è un avvenimento che non si verificava da 150 anni. In Veneto assistiamo ad un fenomeno sostanziale per migliorare la eterozigosità totale della specie, cioè la sua diversità genetica. Senza contare che il ritorno del lupo testimonia la riqualificazione ecologica delle Alpi. 

Ma il lupo è un simbolo, rappresenta la parte non domesticata della natura umana. È per questo che lo amiamo e odiamo in egual misura? Uno dei tuoi maestri, Luigi Boitani, sostiene che per descrivere l’uomo si usano le stesse parole che funzionano per il lupo.   

Da un punto di vista culturale, il lupo è il complesso di istinti ferini che non riusciamo mai a dominare completamente. Suscita sempre una opinione, non lascia mai indifferenti. Il lupo spesso diventa anche l’incarnazione di cambiamenti sociali ed economici traumatici, ad esempio l’abbandono della campagna e di conseguenza il rinselvatichimento. In Italia, e in Piemonte, sui lupi si sono concentrate le angosce di un mondo in transizione. Il nostro stile di vita è sempre più dipendente da supporti tecnologici che mediano il rapporto con la realtà e fanno perdere il contatto con il selvatico. Ormai lo immaginiamo come nei cartoni animati. E poi la domesticazione del lupo, che ha portato al cane, ne ha fatto una specie molto vicina, forse troppo vicina a noi. Il lupo ha una vera famiglia, non è un solitario come la lince. I giovani vanno in dispersione, come i ragazzi che escono di casa a venti o trenta anni. Si va a formare un nuovo branco! 

Nel libro dici che in tempi di crisi economica diminuisce la tolleranza per i carnivori. Un black out nell’intendere la ferocia e la competizione?

Ho cominciato a lavorare in Piemonte nel 2000; nei primi dieci anni il clima era buono per il lupo, nonostante la sua popolazione stesse crescendo. Poi negli ultimi 3 o 4 anni, ho assistito ad un cambiamento di atteggiamento. La causa è la strumentalizzazione politica del lupo, usato come icona di alcune categorie sociali in cerca di rappresentanza. I mezzi di informazione, da parte loro, si sono concentrati sugli attacchi dei predatori. Perciò è fondamentale produrre dati scientifici solidi su cui costruire programmi gestionali basati sulla logica, non sull’emotività. In Piemonte è appena partita nell’ambito del programma LIFE WOLFALPS una analisi di “human dimension”, cioè una indagine per capire come il lupo sia vissuto dalla gente e dalle categorie economiche interessate dalla sua presenza. L’ultima ricerca di questo tipo risaliva al 2002. 

Tu scrivi che la tendenza dell’uomo è di eliminare ogni paura, ma che “il timore che suscita un bosco di notte è da preservare perché é il fascino della natura intatta”. Gli americani la chiamano wilderness. Abbiamo bisogno della wilderness e del lupo per crescere nella nostra coscienza ecologica? Il tuo advisor in Montana, Dan Pletscher, ti disse che la frontiera ce l’abbiamo noi sulle Alpi, che cosa intendeva?

Pletscher è una persona illuminante, è lui che mi ha insegnato a guardare la big picture, il contesto in cui vive una specie. Certo, qui in Italia e in Europa non abbiamo più gli spazi del Nord America, sicuramente però possiamo avere il lupo e i carnivori in ecosistemi ancora funzionanti. Quando Dan mi ha detto - in uno Stato che è poco più esteso dell’Italia con all’epoca, però, solo 800mila abitanti - in Montana non c’è più posto per il lupo, io gli ho risposto, ma stai scherzando ! L’ho invitato in Piemonte e negli anni a venire abbiamo scritto insieme su riviste scientifiche di come le Alpi siano davvero la frontiera, perché stiamo spingendo gli animali selvatici a vivere al limite, in ciò che è rimasto dei loro habitat divorati dalla nostra avanzata. Eppure il lupo ha risposto in modo imprevisto alla pressione antropica. Quando in Nord America si fanno le Analisi di selezione dell’habitat sul lupo, per capire le zone selezionate per la riproduzione e la predazione, le aree in quota non vengono neppure inserite nei modelli, perché i lupi scelgono sempre i fondovalle. Lo stesso lavoro sulle Alpi dà esiti completamente diversi. I lupi italiani preferiscono l’alta montagna, pur di evitare paesi e strade, non hanno nessun problema a salire ai tremila metri: i siti di rendez vous, dove si trovano le tane con i cuccioli, sono a misura di camoscio, quanto ad altezza e difficoltà di accesso. Le Alpi sono quindi un insostituibile laboratorio sul futuro, per capire fino a che punto possiamo convivere con i carnivori. Dobbiamo però mantenere anche delle zone dove la natura fa il suo corso. Rinunciare ai lupi e agli spazi selvaggi sarebbe una catastrofe non solo per il Pianeta, ma per noi uomini. Lo dico in senso antropologico e culturale. 

E la Val di Susa è una “sink” di questo laboratorio, come dite voi biologi “un inghiottitoio di lupi”. I lupi ci stanno benissimo, ma i numeri sulle perdite tra incidenti stradali e bracconaggio sono inquietanti.

In Val di Susa abbiamo 2 branchi. In 12 anni sono stati ritrovati 17 lupi morti per investimento sia di treno che di auto; la gente pensa che se ne sono morti 4 - è il caso dei cuccioli travolti tutti insieme nell’ultimo incidente della valle - allora vuol dire che ce ne sono 2000. Niente di più sbagliato: in Italia ogni branco conta 4-5 individui. Il danno è enorme. Bisognerebbe anche interrogarsi sul pericolo che corrono gli automobilisti, quando si scontrano con lupi, e anche caprioli e cervi, che attraversano le strade asfaltate. Il fatto è che una soluzione sperimentata ci sarebbe, e cioè costruire i “green bridges”, sovrappassi che consentono ai carnivori di muoversi nel loro territorio senza passare per autostrade e viadotti, ponti che riducono la frammentazione degli habitat. La Croazia li ha messi dappertutto e funziona. Quando ci son state le Olimpiadi di Torino abbiamo pensato che gli investimenti in infrastrutture fossero una occasione per costruirne anche in Val di Susa, ma non è stato così.  

Dal Trentino al Veneto assistiamo ad un confronto tra uomini e predatori sempre più radicale. Che cosa significa gestire i lupi su scala biologicamente realistica? 

I piani di gestione faunistica devono essere integrati con i dati di presenza del predatore. L’Italia ha aderito alla Convenzione di Berna e alla Direttiva Habitat dell’Unione Europea e questo significa che il nostro Paese ha abbracciato il ragionamento sotteso a questi strumenti normativi: l’areale attuale dei lupi è una soglia minima sotto cui non si può scendere, ma è altamente auspicabile per la sopravvivenza della specie che questo spazio possa espandersi e che aumenti la connettività tra le popolazioni esistenti. Insomma, il range potenziale del lupo è più ampio di quello attualmente occupato e costituisce un valore ecologico in sé che, in prospettiva, deve essere salvaguardato anche sulla base di scelte politiche di conservazione. Una gestione efficace dei lupi in Italia deve adattarsi continuamente ai cambiamenti socio-economici, non può essere statica, e deve fondarsi su parametri di popolazione e distribuzione monitorati con continuità. Bisogna sempre tener presente che questi animali non sono gestibili all’interno di aree predefinite: un lupo va dove vuole, ha un territorio di almeno 250 Kmq. Tutto necessita di compromessi. Quando si arriva alla decisione, ci si trova per forza di cose ad un tavolo in cui ci sono le necessità e i bisogni di tutte le categorie coinvolte dalla presenza del lupo. La buona notizia è che in Italia stiamo andando nella direzione di uno stretto dialogo tra biologi e politici, in modo da definire piani di intervento sempre più descrittivi della realtà al suolo.

Nel libro descrivi un certo tipo di turismo di montagna, invasivo ed ad alta intensità di strutture, come una delle minacce alla sopravvivenza del lupo nel nuovo millennio. A quali criteri dovrebbe corrispondere un turismo davvero sostenibile? 

In Piemonte il turismo di montagna sia in inverno che in estate è in forte aumento, si organizzano escursioni ovunque. E cresce anche il turismo motivato dall’ambizione di intercettare un grande carnivoro. Questo funziona solo se gestito in modo eco-sostenibile, ovvero con particolare attenzione a non disturbare e impattare sulla specie. L’utilizzo totale del territorio innesca disquilibri. In Piemonte bisogna individuare bene le zone di riproduzione del lupo durante l’estate, le aree critiche dove i lupi fanno la tana per i cuccioli, stabilirvi un accesso limitato da giugno a dicembre, e non farci passare sentieri. Le tende e il campeggio libero hanno un impatto tremendo se sono troppo frequenti e distribuiti ovunque, la notte è l’unico momento in cui gli animali sono tranquilli; occorrono campeggi controllati. Ci vuole poi tanta consapevolezza e rispetto da parte del turista. Vedere un lupo è evento rarissimo; può darsi che mentre passeggi nel bosco lui sia sopra di te che ti guarda con un dislivello di soli 50 metri, e non senti assolutamente nulla. 

In Italia la prima causa di morte del lupo rimane purtroppo il bracconaggio.

Nel periodo 2010-2012 sono stati rinvenuti morti 21 lupi in Piemonte, ma potrebbero essere di più perché le carcasse sono molto difficili da recuperare, il ritrovamento è generalmente casuale. L’atto di bracconaggio più subdolo e spregevole contro il lupo è l’avvelenamento, perché non si limita ad uccidere il predatore, ha ricadute terribili su tutta la fauna selvatica, l’ecosistema e la catena alimentare. Qualche giorno fa nella Val di Lanzo sono stati ritrovati 4 grifoni avvelenati, indizio di un progetto criminale sicuramente non indirizzato direttamente a loro. I bracconieri oggi usano sostanze facilmente reperibili come i rodonticidi e gli anticoagulanti, ma in provincia di Cuneo uccidono anche con la stricnina e il cianuro, veleni proibiti in Italia e quindi immessi di contrabbando. Il boccone tossico è una minaccia anche per i turisti e i loro cani. Nel progetto LIFEWOLFALPS che io coordino prevediamo la costituzione da qui al 2018 di 2 squadre analoghe al Gruppo Antidoto del Gran Sasso che a Novembre saranno addestrate per setacciare due settori geografici, le Alpi Occidentali e le Alpi Orientali. Stiamo anche partendo con i corsi di formazione per operatori alpini dal Piemonte al Trentino che ci consentiranno entro giugno del 2015 di avere un censimento veramente completo e dettagliato dei lupi sull’intero arco alpino. Il backstage del lavoro di noi ricercatori è dar corso al suggerimento contenuto nel testo della Large Carnivore Initiative for Europe della IUCN. Il lupo non è una presenza causale o contingente dei boschi qui attorno, è al contrario parte irrinunciabile della nostra identità ecologica di europei.