I cuccioli vengono alla luce sessantatré giorni dopo il concepimento, in genere in una tana scavata appositamente, un rifugio coperto da grossi tronchi, un argine, una cavità naturale all’interno di formazioni rocciose o una grotta. La cucciolata è solitamente composta da quattro a sei esemplari, anche se sono state registrate gravidanze singole o di tredici cuccioli. I piccoli alla nascita sono ciechi e sordi, solo dopo pochi giorni acquistano l’udito e dagli undici ai quindici giorni aprono gli occhi; lo svezzamento avviene alla quinta settimana, quando hanno già imparato e giocare all’ingresso della tana. Le orecchie flosce cominciano a rimanere erette intorno alla quarta settimana e nello stesso periodo si possono udire i primi ululati, quei suoni improvvisi da cui essi stessi sono spesso allarmati. La costituzione di una gerarchia interna alla cucciolata è visibile all’incirca alla sesta settimana, sebbene abbia a variare più volte nel corso dei mesi a seguire. Gran parte dei cuccioli morirà. Per svariate ragioni il tasso di mortalità arriva al 60%. I piccoli esigono fino a tre volte la quantità di proteine per unità di peso rispetto agli adulti, e la disponibilità di cibo potrebbe essere scarsa. A volte si feriscono a vicenda durante le lotte interne e un genitore potrebbe ucciderne (e mangiare) uno gravemente offeso. A resto pensano le malattie quali cimurro e listeriosi e, in caso di cattive condizioni atmosferiche, polmoniti e ipotermie. Un lupetto che manifestasse un qualsiasi comportamento anomalo, come quello epilettico, verrebbe soppresso dagli adulti. Infine occasionalmente capita che siano un’aquila, o un altro animale a portare la morte. Le dimensioni di una figliata sono proporzionate alla disponibilità di selvaggina e alla densità lupina in una determinata area: maggiore è il numero di lupi, più piccola sarà la cucciolata. La nascita dei cuccioli, come la scelta di chi è destinato alla riproduzione, dipende dall’organizzazione sociale del branco. Un branco potrebbe addirittura subire la pressione di un branco limitrofo con numerosi piccoli nati l’anno precedente e non procreare del tutto. E’ possibile che sia il sistema endocrino responsabile di tali condizionamenti, rispondendo in qualche modo agli stress insiti nell’ambiente dell’animale (quanto spesso vede i membri di un altro branco, quanto tempo passa tra le sue prede), in modo da controllare l’accoppiamento e il numero dei nati. L’aspetto interessante è che a volte la mancata riproduzione, magari durante un periodo di carestia, accresce le probabilità di sopravvivenza del gruppo. Quando i piccoli raggiungono un’età compresa tra i cinque e i dieci mesi, il tasso di mortalità si è ormai ridotto a circa il 45%. Allorché arrivano alla maturità sessuale (di solito a due anni per le femmine e a volte non prima del terzo anno per i maschi), possono contare su un tasso di sopravvivenza dell’80%. Non esiste animale che predi abitualmente il lupo e questo, in libertà, può vivere sino a otto o nove anni e, in casi eccezionali, fino a tredici o quattordici.
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