Il sofista greco Zenobio (II sec. d.C.) scriveva: “Il lupo è sempre sotto accusa, colpevole o meno che sia”. Eppure il lupo è sempre stato un animale importante nella storia dell'uomo, fin dall'antichità protagonista di miti e leggende, e quasi sempre in duplice veste: ora a rappresentare valori positivi ora negativi, luce e ombra, ferocia e spirito di libertà.
Simbolo doppio. Dagli indiani d'America agli eschimesi, dagli scandinavi agli italici, le popolazioni nomadi, legate alla caccia, hanno sempre ammirato l'animale per la sua forza e la resistenza alla fatica, e per la straordinaria capacità predatoria quando agisce in branco. Il lupo è un’allegoria guerriera, il combattente scaltro e indomito. Quando però le popolazioni si fanno stanziali, fondandosi su agricoltura e allevamento, il predatore diventa il nemico che attacca il bestiame. E il simbolo si fa ambivalente: da ammirare e da temere.
Il terrore che il lupo incute è atavico e universale. L'animale della notte e delle foreste porta distruzione; la sua bocca dalla dentatura forte, atta a sbranare, sembra schiudersi su una specie di antro pauroso. Il lupo è infatti associato agli inferi in molte culture. Su alcuni vasi funerari etruschi esposti a Volterra, ad esempio, è raffigurato mentre si affaccia da una caverna che comunica con l'altro mondo, sorveglia dunque l'entrata del regno dei defunti. È una divinità infernale anche la Lupa Mormo dei greci mentre Ade, dio degli Inferi, porta un mantello di pelle di lupo, collegando ancora una volta il predatore al concetto di morte.
L'antro - raffigurato dalle fauci - è un elemento simbolico importante perché il passaggio attraverso il mondo del buio e delle ombre è necessario per giungere alla liberazione, alla luce iniziatica che deriva dal rapporto con la divinità. E così il portatore di morte - che ha però occhi luminosissimi - finisce con l'essere anche portatore di conoscenza. La mitologia greca spiega bene la natura doppia attribuita all'animale: quando incarna Ares, il lupo rappresenta il lato distruttore; quando raffigura Apollo quello solare.
La lupa capitolina. E non c'è forse una lupa all’origine della storia di Roma? la leggendaria lupa che allatta, salvandoli, Romolo e Remo. Non è certo un caso che il mito scelga per il ruolo di nutrice un animale che per natura alleva con dedizione la sua prole e che in molte culture è associato al concetto di fecondità oltre che a quello di rinascita.
I riti latini. Legata alla leggenda di Romolo e Remo - ma che si rifà a riti di origine arcaica - c’è poi una festa importante nel mondo romano: i lupercali (lupercalia in latino) che si celebravano il 15 febbraio in onore di Luperco, antico dio collegato al lupo sacro a Marte. La festa si svolgeva davanti al lupercale, cioè la grotta della lupa, sul lato sud ovest del Campidoglio, dove, all'ombra di un fico, il pastore Faustolo avrebbe trovato i due gemelli. La festa - che aveva per protagonisti giovani sacerdoti chiamati luperci - aveva sì lo scopo di tenere magicamente i lupi lontani dalle greggi, ma anche quello di propiziare la fertilità (i sacerdoti frustavano ritualmente la terra con strisce di pelle di capro perché desse un buon raccolto e in modo simile, colpivano il ventre delle donne). Già nel mondo romano però l'animale è anche simbolo d'ingordigia e di lussuria. Le lupe sono a Roma le prostitute (in riferimento anche alla loro avidità per il denaro) e il lupanare è il bordello.
Emblema del maligno. È però nel Medioevo che il predatore perde, almeno in parte, la sua connotazione doppia per assurgere unicamente a simbolo del male. A costruire nell'immaginario una sorta di mostro è anche il mondo cristiano che, fomentando l'odio verso i culti pagani - come i lupercali - e verso altre forme di religiosità - come quelle nordiche - trasforma l’animale delle foreste prima in strumento del demonio e poi nel demonio stesso (contrapponendolo all'agnello). Uccidere lupi diventa allora un atto di giustizia e un dovere, e le carcasse vanno esposte. Non solo: per quanto la cosa appaia ridicola, gli animali vengono sottoposti a veri processi e spesso condannati a morte. Si ha notizia anche di maledizioni delle “belve” a opera di prelati. In alcune società europee, poi, il lupo è assimilato alle streghe: le streghe cavalcano lupi per andare al sabba, hanno relazioni sessuali con i lupi, si trasformano in lupi. L’animale rappresenta ormai solo il maligno.
In questo contesto è particolarmente significativa la storia miracolosa legata a san Francesco che a mani nude affronta il “mostro” che terrorizza Gubbio e lo vince semplicemente con la parola. Ma in definitiva anche qui è il Bene che trionfa sul Male e lo trasforma.
Licantropi al rogo. Intanto proprio nel Medioevo arriva al suo apice la leggenda - antichissima - dei lupi mannari (e in questo modo si recupera l’aspetto del doppio, nel senso di uomo e animale). Le prime credenze sulle metamorfosi si trovano nelle saghe nordiche con i Berseker, i guerrieri consacrati a Odino, che in battaglia si trasformano in lupi, o con lo scandinavo Fenrir, figlio del dio vichingo Loki. Nel Medioevo contro i lupi mannari s’intentano molti processi che di solito si chiudono con condanne al rogo, col risultato che migliaia di innocenti muoiono bruciati. In epoca moderna il mito del licantropo, considerato vittima di una maledizione che lo costringe alla ferocia, viene ripreso dalla letteratura e dal cinema, spesso in chiave grottesca.
Poi per secoli il lupo è oggetto di una caccia spietata fino ad arrivare vicino all’estinzione nella prima metà del Novecento, a seguito di stragi autorizzate (le più devastanti negli Stati Uniti). Quasi scomparso anche in Italia, il predatore diventa infine oggetto di tutela negli anni '70. Eppure nell’immaginario non perde mai la sua aura terrificante veicolata soprattutto dalle favole (come non citare Cappuccetto rosso?) Così oggi, anche quando a fare strage di pecore sono cani inselvatichiti e ibridi - più pericolosi perché hanno meno paura dell’uomo - sotto accusa è sempre lui, il lupo cattivo, simbolo catalizzatore delle nostre paure.
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